Trasformazione - Giardino Botanico Spinarosa

Spinarosa
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LA TRASFORMAZIONE DEL PAESAGGIO IN GIARDINO
creazione di un individuo specchio dell’interiorità del suo creatore e manifestazione divina. Il giardino interiore


  
La realizzazione di un giardino ha come esito la nascita di una creatura complessa, frutto del matrimonio tra interiorità e paesaggio, caratterizzata da una forte componente energetica e dalla compresenza di opposti. Queste caratteristiche, ma soprattutto la grandezza e la bellezza, nel caso di alcuni giardini particolarmente riusciti, predispongono alla percezione di una imprendibile e conturbante qualità di sacro/divino.
Perché alcune volte, in alcuni giardini, si ha questa sensazione di trascendenza? Perché la si ricerca in ogni giardino che si visiti? Perché la bellezza intensa, che in certi casi si percepisce, rimanda ad ‘un altro luogo’ e si configura come segno di una ‘presenza’ ineffabile.
Il giardino è una interpretazione, di una idea, di uno stile, di immagini interiori del suo realizzatore. Già in quanto interpretazione, il giardino rimanda ad altro. L’Eden, (per eccellenza il luogo che ‘sta da un’altra parte’) non era un giardino?  
È bello immaginare che, ad ogni giardino reale costruito e intensamente amato dal suo curatore, corrisponde, nello spirito di quest’ultimo, un giardino interiore, dalle caratteristiche varie e mutevoli da persona a persona. Esso è copia, per una parte, dei giardini visitati e pensati e di quello reale posseduto e, per un’altra parte, è rappresentativo di un nucleo estetico originario e profondamente individuale della persona e, quindi, luogo dove si concentra la meraviglia del paesaggio immaginato, luogo, potremmo dire, costruito come l’abitazione aperta delle proprie divinità interne, buone e cattive.  
 
Ogni interpretazione è, forse, il tentativo di trasferire, nel mondo quotidiano, un significato proveniente da un mondo lontano. E’, tuttavia, non operazione istantanea, di una volta per tutte, ma operazione continuata, l’eterna costruzione di un ponte tra due mondi. Nel caso del giardino, il tentativo è quello di costruire un passaggio tra frontiere, non soggetto ad eccessive ispezioni doganali e di polizia. Dall’altra parte di quella frontiera è un mondo interiore originario, che possiamo solo intuire. Esso è immagine del paesaggio ideale, del giardino interiore, di come vorremmo il nostro piccolo mondo, di come lo abiteremo, di come ci sentiremmo e della protezione contro le paure e i nemici che lo circonderebbero insidiandolo; esso è, quindi, anche immagine di alcune temibili potenze negative: e non è un paradosso, anche se stiamo parlando del mondo ideale vagheggiato. Esso, quindi, si rivela abitato da qualcosa di profondamente individuale, intriso di immagini antiche dalla simbologia potente e temibile di valore collettivo e, forse, ha collegamento con il Sé…  
Il varco solido e stabile attraverso quella frontiera vorrebbe garantire che i gioielli del mondo interiore originario, la ricchezza dorata del simbolo e del meraviglioso, l’energia gratuita e in grado di donare significato come se fosse grazia, potessero rifluire nel mondo quotidiano, nutrirlo e ammantare col suo splendore la ferialità. Abbiamo, infatti, tutti bisogno, sempre nella vita, di accompagnamento e conforto allo stesso modo di, quando bambini, si procede con la propria mano unita a quella di un adulto che spegne, con le sue risposte, tutte le domande e ne suggerisce altre inarrestabilmente.
Il giardino interiore è l’aldilà di ogni giardino, a lui preesistente, è la fonte delicata (può anche prosciugarsi) dalla quale può scaturire il progetto di un giardino reale. E’ luogo interiore al quale il giardino reale rimanda (questo è, forse, il motivo per cui ogni giardino suscita una emozione: il suo punto di arrivo è una privata, nascosta interiorità abitata da potenti presenze). Il giardino interiore è lo schermo sul quale sono proiettate le energie del giardino interiore che, solo in questo modo, diventano visibili, così come solo la presenza dello schermo permette di vedere il film che, senza l’oggetto sul quale proiettarsi e dal quale essere fermato, sarebbe un confuso fascio di luce colorata.  
La felicità non si dà se l’inconscio e la coscienza sono divisi. Il giardino può tollerare l’incarico di riunirli. Un giardino, allora, può dare felicità.  



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